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Il ‘Decreto Salvini’ sulle carte d’identità è illegittimo e va disapplicato: il Tribunale di Roma dice SÌ alla dicitura ‘GENITORI’ per le Famiglie Arcobaleno

By 16 Novembre 2022Marzo 14th, 2023No Comments

Grande vittoria giudiziaria per le famiglie composte da due mamme o da due papà.

All’esito di un giudizio avviato dalle associazioni Rete Lenford e Famiglie Arcobaleno il Tribunale di Roma ha dato ragione a una coppia di mamme, che, nella carta d’identità della propria bimba, rifiutava di vedere scritto la dicitura “Padre e madre”: il Ministero dell’interno, infatti, è stato condannato a emettere la carta di identità con la dicitura “Genitori”, che rappresenta correttamente tutte le famiglie.

Il 31 gennaio 2019 l’allora Ministro dell’interno Matteo Salvini, attuale Ministro delle infrastrutture e vicepremier, aveva emanato un decreto con cui aveva modificato la dicitura da imprimere sulle carte di identità elettroniche rilasciate a persone minorenni: non più “Genitori” nei campi contenenti i nominativi delle persone che esercitano la responsabilità genitoriale, ma “Padre e madre”, anche nei casi di famiglie composte da due mamme o da due papà.

Al fine di evidenziarne le gravi illegittimità e scongiurarne l’emanazione, già nella fase di discussione del decreto ministeriale Rete Lenford si era immediatamente attivata, costituendo uno specifico gruppo di lavoro coordinato dal socio avv. Mario Di Carlo, presidente di EDGE, e dal socio avv. Tommaso Mauro, al quale partecipavano anche le avv.te Susanna Lollini e Federica Tempori (associate di Rete Lenford e componenti del Gruppo Legale di Famiglie Arcobaleno), l’avv. Vincenzo Miri (oggi presidente di Rete Lenford), l’avv. Antonio Rotelli (co-fondatore di Rete Lenford), l’avv. Carlo Alberto Mario Corazzini e l’ufficiale dello stato civile Luca Tavani. Anche ‘CILD – Coalizione Italiana Libertà e Diritti civili’, di cui Rete Lenford fa parte, ha sempre supportato l’attività del gruppo di lavoro, tramite pubblicazioni dei risultati di studio e successive iniziative.

L’adozione del decreto, peraltro in aperto contrasto con i pareri resi dal Garante per la protezione dei dati personali e dalla Conferenza Stato-città, ha così volutamente attuato una grave discriminazione delle famiglie arcobaleno: migliaia di mamme e di papà, già legalmente tali in forza di legge o di intervenute sentenze di adozione, sono state costrette (e lo sono ancora oggi) a vedere il proprio nominativo femminile indicato sotto la dicitura “Padre” e, viceversa, il proprio nominativo maschile indicato sotto la dicitura “Madre”.

Rete Lenford e Famiglie Arcobaleno, pertanto, hanno impugnato il decreto dinanzi al T.A.R. Lazio, domandandone l’annullamento per una pluralità di ragioni, ampiamente studiate e approfondite nel gruppo di lavoro.

Con la sentenza n. 212 del 9 gennaio 2020, il T.A.R. ha negato la propria giurisdizione, rilevando però la serietà dei profili giuridici indicati dalle associazioni ricorrenti e affidando a ciascuna coppia di mamme o di papà l’onere di domandare, volta per volta, al Tribunale territorialmente competente la disapplicazione del decreto, per ogni specifica vicenda giudiziaria, e la condanna del Ministero dell’interno a rilasciare una carte d’identità rispettosa della specifica composizione familiare.

E così, mentre nel 2020 il Governo e la Ministra dell’interno Luciana Lamorgese rimanevano sorprendentemente silenti dinanzi agli appelli e alle posizioni espresse dalle associazioni e dal Garante Privacy, nel 2021 una coppia di mamme, assistita dall’avv. Vincenzo Miri e dall’avv. Federica Tempori, ha presentato ricorso dinanzi al Tribunale di Roma, chiedendo la disapplicazione del decreto proprio sulla base degli studi svolti dal Gruppo di lavoro coordinato dagli avv.ti Di Carlo e Mauro.

La causa, che ha visto la trattazione di molte e complesse questioni processuali, si è conclusa positivamente per la coppia con la ordinanza resa dal Giudice dott. Francesco Crisafulli della XVIII Sezione, che, essendo ormai decorsi i termini di legge ai sensi dell’art. 709-quater c.p.c., risulta passata in giudicato.

L’ordinanza, ampiamente motivata, tra le altre statuizioni precisa: «Discutendosi, nella fattispecie, del rilascio della Carte d’Identità Elettronica valida per l’espatrio, la falsa rappresentazione del ruolo parentale di una delle due genitrici, in evidente contrasto con la sua identità sessuale e di genere, comporta conseguenze (almeno potenziali) rilevanti sia sul piano del rispetto dei diritti garantiti dalla Costituzione, sia sul piano della necessaria applicazione del diritto primario e derivato dell’Unione europea».

Inoltre, riconoscendo di dover «chiudere un ormai troppo lungo discorso su una questione la cui soluzione dovrebbe risultare di immediata percezione», il Giudice ha aggiunto: «la carta d’identità è un documento con valore certificativo, destinato a provare l’identità personale del titolare, che deve rappresentare in modo esatto quanto risulta dagli atti dello stato civile di cui certifica il contenuto. Ora, un documento che, sulla base di un atto di nascita dal quale risulta che una minore è figlia di una determinata donna ed è stata adottata da un’altra donna, indichi una delle due donne come “padre”, contiene una rappresentazione alterata, e perciò falsa, della realtà ed integra gli estremi materiali del reato di falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atto pubblico (artt. 479 e 480 cod. penale)».

Esattamente quel che Rete Lenford e Famiglie Arcobaleno avevano sempre affermato.

Si attende, ora, un’altra pronuncia, sempre del Tribunale di Roma, relativa a un caso del tutto analogo di due mamme, assistite dall’avv. Mario Di Carlo e dall’avv.ta Susanna Lollini.

L’avv. Vincenzo Miri, presidente di Rete Lenford, dichiara: “La sentenza rappresenta un importante risultato, raggiunto dopo uno straordinario lavoro di squadra di professionisti e professioniste a cui esprimo la mia gratitudine. Purtroppo, il Governo non ha ancora annullato il decreto e, così, continua ancora oggi a offendere la dignità e l’identità di tante famiglie, che volta per volta dovrebbero chiedere a un Tribunale di disapplicare il ‘Decreto Salvini’ per vedersi riconosciuti i propri diritti fondamentali. Reputiamo questo profondamente ingiusto sia per i tempi e sia per i costi della giustizia. Faremo, perciò, ogni sforzo affinché questo Governo annulli il decreto e garantisca per legge l’eguaglianza e la pari dignità di tutte le famiglie. Le carte d’identità registrano quel che per lo Stato è una famiglia: negare anche nominalmente l’esistenza di migliaia di famiglie, e mortificare le identità di persone minorenni, è incostituzionale e anche inaccettabile».

Alessia Crocini, presidente di Famiglie Arcobaleno, dichiara: “Questa sentenza ci dice che in Italia la persecuzione politica nei confronti delle Famiglie Arcobaleno è semplicemente vergognosa e profondamente ideologica. Da una parte c’è la realtà della vita: nel nostro paese vivono da almeno 30 anni migliaia di famiglie composte da due madri o da due padri, dall’altra c’è l’ideologia di una certa parte politica che vorrebbe cancellare l’esistenza e i diritti di queste famiglie e dei minorenni che in quelle famiglie nascono, crescono e vivono ogni giorno. Il giudice ha messo nero su bianco quello che già sapevamo: le istituzioni devono tutelare i diritti dei più deboli, in questo caso i minorenni, e non scrivere per legge su documenti ufficiali informazioni false e lesive della dignità delle persone. Chiediamo che il Decreto Salvini venga annullato perché bambini con due mamme o due papà hanno il diritto di veder riconosciuta la loro storia e la loro famiglia”.

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